“Una storia nella sede, una sede nella storia”. È il titolo della sezione del sito di Fondazione Appennino dedicata al Palazzo Lacorazza che comprende un complesso all’interno del quale è ubicata appunto la sede della Fondazione.
Per la verità, più che di “storia” sarebbe da dover parlare di “storie”, di vari eventi e personaggi che hanno segnato quel luogo che, insieme, ne compongono la storia locale e che attraversano, in qualche maniera, la grande storia.
Oggi quel complesso è un cantiere, sono in piena attività i lavori di trasformazione che segneranno una nuova tappa di questa storia, che nel tempo verrà raccontata e in parte anche vissuta. Perché la sfida della Fondazione Appennino è proprio quella di far rivivere i luoghi nelle aree interne e “dare un futuro al passato”.
In questi giorni, il cantiere è in un luogo simbolo del progetto, è in quella che una volta era la “farmacia Netti” ed oggi è invece la sede ufficiale della Fondazione, in vico Cieco Piazza 2, un accesso dal vicolo laterale al palazzo, sito su Corso Leonardo Sinisgalli. La farmacia, nel XIX secolo, era di proprietà del barone Netti, proprietario anche della casa sulle cui rovine è sorto poi il palazzo Lacorazza intorno la 1920/26.
Ed in quella casa si trovava Giacinto Albini il 16 dicembre 1857, nel giorno più funesto della storia di Montemurro, data di uno dei terremoti più forti e distruttivi della storia d’Italia. Albini in quegli anni era nel pieno della sua attività di patriota rivoluzionario, per la causa dell’Unità d’Italia; impegnato ad organizzare l’insurrezione antiborbonica che di lì a qualche anno (1960) portò alla spedizione di Garibaldi ed all’insurrezione lucana che Giacinto Albini guidò.
La famiglia Netti e la famiglia Albini erano legate da profonda amicizia, il padre Gaetano, medico chirurgo (cerusico), frequentava abitualmente la casa e la farmacia. Giacinto, trentaseienne (nato esattamente 200 anni fa, il 24 marzo 1821) quella notte rimase travolto dalle macerie e pare riuscì a sopravvivere salvato da un tunnel nel sotterraneo, dove c’erano le cantine. Montemurro contava circa 7500 abitanti e quella notte ne morì la metà.
I locali della farmacia saranno dunque sede della Fondazione; un luogo che diventa simbolo anche per l’idea di un investimento di “ricostruzione” dentro un piccolissimo borgo dell’Appennino per un progetto che punta a ridare valore alla cultura, alla storia, all’autenticità ed alla sostenibilità, ma soprattutto un esempio di come al tanto partecipato dibattito sulla rivalorizzazione dei borghi ci sono davvero realtà che al dibattito affiancano il coraggio dei progetti.